24/03/2015
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Il libro “Via Ripetta 155” di Clara Sereni, Giunti editore a Musica e Libri a Bastia Umbra
Bastia Umbra - Libreria Musica&Libri
Via San Costanzo, 16
Sabato 28 marzo 2015
ore 17,00
Presentazione del libro di
Clara Sereni
Via Ripetta 155
Giunti Editore
con l'autrice ne parlerà
Luigino Ciotti
alcuni brani saranno letti dall'attore
Luca Sargenti
CLARA SERENI è nata a Roma nel 1946 e vive a Perugia. È una delle più importanti scrittrici italiane contemporanee.
Da anni impegnata nel mondo del volontariato, è stata per oltre un decennio presidente della Fondazione "La Città del Sole" - Onlus, che costruisce progetti di vita per persone con disabilità psichica e mentale.
Ha pubblicato: Sigma Epsilon (1974), Casalinghitudine (1987), Manicomio primavera (1989), Il gioco dei regni (1993), Eppure (1995), Taccuino di un'ultimista (1998), Passami il sale (2002), Le Merendanze (2004), Il lupo mercante (2007) e Una storia chiusa (2012).
Ha curato anche le raccolte di testimonianze intorno al tema
della disabilità e della diversità: Mi riguarda (1994), Si può! (1996) e Amore caro(2009).
Dirige per l'editore Ali&no la collana "le farfalle".
TRAMA: Essere giovani tra il '68 e il '77. Musica, incontri, speranze, politica, amore e ciclostile. L'autobiografia di una generazione in un decennio che ha cambiato il mondo e l'Italia. Via Ripetta: una delle strade più centrali di Roma, in quello che è una sorta di triangolo d'oro fra piazza del Popolo, piazza Navona e il Pantheon.
Tutto chiaro? No, perché il 155 si trova nel piccolo tratto dopo l'Ara Pacis che tutti pensano appartenga già a via della Scrofa: bisogna spiegarlo bene perfino a chi guida il taxi, se è proprio lì che si vuole andare. Un tratto fuori fuoco nello stradario, e quella che si racconta qui è la storia fuori fuoco degli anni fra il '68 e il '77, cominciati all'insegna dell'utopia libertaria - compresa l'idea che per la libertà valesse la pena di stare a pancia vuota e di vivere alla meglio in case che cadevano a pezzi - e sfociati nel terrorismo prima, e poi nel riflusso del disimpegno, dei manager rampanti. Per i non rassegnati, restava solo il tentativo di portare dentro i gruppi amicali, e qualche volta dentro una famiglia che si pensava "nuova", la gran massa di elaborazione ideale che via via si era andata producendo. Una storia vista con lo sguardo sghembo di chi ha vissuto da vicino molte cose senza mai esserne del tutto al centro, e dunque con la possibilità di testimoniare - dolorosamente - una memoria non ingabbiata.
Ricordi in prima persona di anni raccontati fin qui poco: perché il terrorismo non fu - come molti ritengono - la conclusione logica di quanto il Sessantotto aveva seminato, ma fu invece la sanzione drammatica della sconfitta di molte speranze, un lutto pungente per chi aveva creduto e si era speso per farle germinare.
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