26/08/2011
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UN PROGETTO PER IL POPOLO WADABEE
La Terra non appartiene a nessuno. Appartiene semplicemente agli uomini, se sono pastori del Sole.
Abitano nel sud del Sahara nel Niger (tra i paesi più poveri del mondo) ma nessuno sa da dove provengono, molto probabilmente i loro passi si muovono lontano, nel tempo e nello spazio: si parla di Mesopotamia, addirittura. Migrazioni che durano decenni, forse centinaia di anni, che li portano a lasciare tracce proprio là, nel sud del Sahara, dove i graffiti indelebili sulle pareti delle grotte attestano che la loro presenza in quella zona risale a circa cinquemila anni fa, in piena Età della Pietra. Si ritengono il popolo più bello del mondo, ma gli altri nomadi del deserto li disprezzano. Loro sono i wadabee, il cui nome significa coloro che vivono nel vincolo della purezza.
A mostrarci stralci di vita dei wodaabe è il regista tedesco Werner Herzog che approda nel Sahara per confezionare "Wadabee". Lo sguardo di Herzog ci trasporta così in mondi nuovi e antichi, anzi, primordiali forse è il termine esatto, così lontani dal nostro attuale vivere eppure così capaci di trasmetterci una gamma di emozioni nude e crude che non hanno a che fare con la felicità e il pianto, ma con sensazioni che abbiamo perso nella notte dei tempi.
Nel descrivere il geerewol, una sorta di cerimonia per scegliere l'uomo e la donna più belli (che successivamente convoleranno a nozze), Herzog dà il meglio di sé, regalandoci nello stesso istante il momento registicamente più intenso e quello socialmente più¹ interessante.
Da anni in Umbria siamo in contatto con loro: li abbiamo aiutati a costruire un pozzo nel deserto, a mettere in piedi una scuola per parecchi bambini.
Ma in questi anni gli sconvolgimenti climatici accelerati, causati soprattutto dall'inquinamento dell'aria e dall'effetto serra creato dal nostro mondo di benessere e spreco, sembrano amplificati nell'area saheliana, dove gli ultimi pastori nomadi del pianeta che vivono serenamente con le loro mandrie di mucche, nel rispetto assoluto per l'ambiente e il creato, si trovano da anni in uno stato d'emergenza a causa della siccità cronica.
Ad anni di siccità moderata seguono anni di estrema siccità e la vita di questa gente si è trasformata in una continua lotta per la sopravvivenza. L'anno scorso sono morte le loro mandrie di mucche ed anche molte persone hanno perso la vita per sete, fame, stenti e malattie. Generalmente la stagione della fame inizia verso aprile/maggio e dura fino all'arrivo delle piogge a fine agosto. Purtroppo ultimamente le piogge sono scarse e si comincia a soffrire già a partire dal mese di febbraio.
I Wadabe dopo la strage dei loro bovini sono stati costretti a portare dei lievi cambiamenti culturali. Da alcuni anni avevano introdotto l'uso di alcuni dromedari, animali resistenti alla siccità ed alla fatica e l'esperienza era stata positiva. I dromedari offrono un latte squisito e altamente vitaminico. Da ora in poi dovranno vivere più come nomadi del deserto che della savana. Certo trasformare la mandria bovina in mandria di dromedari che possano assicurare la sopravvivenza del gruppo nei mesi di fame non è cosa da poco!
Servono quindi fondi per l'acquisto di cammelli e di asini. Gli asini sono importanti come mezzo di trasporto. Anche capre e pecore sono animali resistenti che possono salvare dalla fame.
Ad Adjangafa abbiamo costruito con fondi italiani un pozzo profondo. Abbiamo dato avvio anche ad una piccola scuola per i figli dei nomadi. Anche quest'esperienza continua e siamo grati a tutti coloro che l'hanno sostenuta.
L'acqua è la vita, in questi luoghi è ancor più evidente, permette di sopravvivere e di creare intorno al pozzo comunità, nella quale sopravvivono in modo pacifico diverse etnie, intorno alla comunità si può costruire un municipio intorno al quale dare dignità a quelle zone rispetto al governo.
Oggi in queste zone sono arrivati i profughi dalla Libia, con un grande carico umano di adulti e bambini, il tutto ha aggravato la già difficile situazione del popolo degli Wadabee, che pur in questa situazione vogliono mantenere le loro tradizioni culturali e vogliono continuare a vivere nei luoghi dove sono nati e dove hanno vissuto i loro antenati.
La solidarietà è stata sempre praticata chi ha più animali, ne ha sempre donati a chi non ne ha più, alle famiglie sprovviste, onde permettere di ricominciare ad allevare animali, come hanno fatto sempre.
Pastore nomade del nord Niger Ortodo è portavoce e rappresentante del popolo dei Wadabee.
Ortodo e Dela, i nostri fratelli Wadabe sono tornati, con la loro presenza ed i loro racconti ci richiamano alle nostre responsabilità. Ancora una volta Ortodo con tenacia e fiducia nella vita cerca di salvare il suo popolo, alleviare le sue sofferenze, perpetuare quella cultura pastorale millenaria che li rende ciò che sono,poveri ma fieri e felici.
I Wadabe sono sicuramente gli esseri più semplici del pianeta, la loro cultura è la cultura del rispetto: per le donne, per gli anziani, per l'universo intero. Ci chiedono solo di poter sopravvivere come hanno sempre fatto, in quella terra arida e spinosa che è la terra dei loro avi, pacificamente, mettendo tutto in comune, liberi come gli uccelli del cielo, immersi nel mistero sacro dell'esistenza.
Tante gocce unite creano una pozza d'acqua.
I wadabee hanno un profondo senso di solidarietà e di unità tra di loro.
Se una famiglia possiede animali e un'altra ne è priva, immediatamente chi si trova con il bestiame lo divide con chi è rimasto senza.
ABBANAI è una parola antica presente nel loro vocabolario e nella loro cultura, significa letteralmente "dare a chi è senza". E' parte del loro codice di comportamento da sempre, è il loro modo di essere, scorre nel loro sistema sanguigno. Nella loro cultura è inconcepibile che l'uomo possa pensare solo a sé, senza tener conto di tutti gli altri. La condivisione dei beni materiali è alla base della loro vita, poiché essi non si concepiscono come individui separati, magari in competizione fra di loro come spesso avviene in occidente, ma come un unico corpo.
Così un wadabe non sa cosa sia la solitudine, la depressione o la tristezza, non vive l'alienazione neppure quando è vecchio o disabile.
Uno dei fratelli di Ortodo è sordomuto ma è splendidamente integrato nella vita della comunità. Tutti sanno per istinto comunicare con lui attraverso segni, la sua disabilità sembra irrilevante.
Questo è uno dei tanti valori di questo popolo che vorremmo preservare come "bene mondiale dell'umanità",come un esempio da seguire, sperando anche noi in un futuro più umano e solidale per il nostro povero mondo occidentale dilaniato da squilibri e separazioni.
Associazione assolint
In questi giorni l'associazione Assolint, che si occupa di solidarietà internazionale, con il Cesvol, la coop sociale Asad, insieme ad altre associazioni e cittadini umbri ha incontrato alcune istituzioni umbre: la regione con il vicepresidente Casciari, la provincia di Perugia con il vicepresidente Aviano Rossi e il consigliere Laura Zampa, il comune di Perugia con il Vicesindaco, il comune di Gubbio con il sindaco Guerini e l'assessore Palazzari. Il comune di Umbertide con il vicesindaco Ferrazzano e l'assessore Bagnini. L'Afas di Perugia metterà a disposizione alcuni farmaci fondamentali per loro.
Tutte le istituzioni hanno ascoltato la situazione che Ortodo ha rappresentato e hanno affermato che sarebbe bene mantenere un contatto con questo popolo anche con successive azioni.
Inoltre sono state incontrate alcune associazioni e cittadini.
Chi volesse avere altre informazioni e seguire l'iniziativa può scrivere a:
Associazione Assolint, Carlo Biccini Bicgraal@yahoo.it 329-2203755
Associazione ACQUA VIVA Rosaria Barontini acquaviva.rosie@yahoo.it
Circolo culturale primomaggio Luigino Ciotti
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