27/10/2004
Micropolis
Operazione San Francesco
la battaglia delle idee
Procede nel suo iter parlamentare,
seppure con qualche intoppo, la
proposta di legge per far tornare
festa il giorno di San Francesco,
come “giornata della pace, della fraternità e
del dialogo tra appartenenti a culture e religioni
diverse”. Grande è la soddisfazione del
deputato diessino Giulietti, uno dei suoi
principali sostenitori, grande la gioia della
presidente Lorenzetti. La proposta ha ottenuto
anche il sostegno di Fini, presente ad
Assisi proprio il 4 ottobre, per l’esternazione
di cui si parla in altra parte del giornale.
La presidente dell’Umbria, del resto, approfitta
di ogni occasione per spiegare come il
Poverello, con il suo messaggio di pace sempre
attuale, sia alle radici dell’Umbria contemporanea.
Al prossimo giro nessuno la
fermerà: il riferimento alla spiritualità francescana
non potrà mancare nella revisione
dello statuto regionale. La gerarchia cattolica,
che non è riuscita a piantare la sua bandiera
sull’approvanda Costituzione
Europea, potrà bearsi di aver piantato due
bandierine, una sulla piccola Umbria completamente
francescanizzata, l’altra
sull’Italia intera. Il fatto che la festa non sia
religiosa, ma laica, in versione dialogante e
pacifista, non attenua ma aggrava la cosa:
sotto l’ala protettrice del santo (e di santa
madre chiesa) si troveranno anche coloro
che non credono né in Dio, né nella verginità
della Madonna, né nei miracoli di
padre Pio.
In Umbria, intanto, l’operazione San
Francesco sembra non trovare oppositori:
laici e cattolici, destra e sinistra, verdi e gialli,
tutti cercano appigli nell’asssisiate, tutti
rileggono e reinterpretano “il giullare di
Dio” alla luce delle proprie esigenze e convenienze.
Questo “Francesco di tutti” è
privo di ogni consistenza scientifica, è ideologico
nel duplice senso di mistificazione
propagandistica e di autoinganno. In questo
senso ha un precedente illustrissimo. Il
governo italiano di Benito Mussolini
decretò nel 1925 che il 4 ottobre dell’anno
successivo, settimo centenario della morte
del mistico assisiate, fosse festa nazionale.
Erano gli anni in cui si procedeva alla
“rimedievalizzazione” anche urbanistica di
Assisi e in cui Mussolini definiva Francesco
“il più santo degli italiani e il più italiano
dei santi”. In che cosa poi consistesse quest’arcitalianità
non si capisce davvero, se
non forse nel fatto che il duce proiettava sul
santo una distorta coscienza di sé stesso e
del suo italianissimo movimento: lui e le
sue camicie nere erano insieme, come
Francesco e compagni, ribelli e obbedienti,
eversori e uomini d’ordine. Ma c’era anche
un’esigenza politica immediata: al tempo i
francescani avevano ottime entrature e protezioni
in Curia e Mussolini ne aveva bisogno
per realizzare la conciliazione concordataria,
che si sarebbe firmata nel 1929. Di lì
a qualche anno il giorno di San Francesco
sarebbe diventato festa nazionale, pur non
assumendo mai per la Chiesa il carattere di
“festa comandata”.
L’uso che Mussolini fece di Francesco non
resi il duce mite e pacifico, ma più forte
politicamente; così la Lorenzetti sarà contenta
di essersi arruffianata i preti e i frati,
ma non per questo si metterà a parlare con
gli uccelli.
Tutto ciò ci porta ad essere particolarmente
critici nei confronti di alcuni nostri amici e
compagni che partecipano (o tentano di
partecipare) a questa incredibile messinscena.
Ad un convegno sull’attualità di
Francesco organizzato a Perugia dalla Cisl e
dal Circolo primomaggio, oltre a Gigino
Ciotti e Ulderico Sbarra, padroni di casa,
c’erano un prete no-global, un ambientalista,
un capo scout, un editore, un pacifista
di professione. Il peggio di tutti era Lotti,
che andando con il prete comincia preteggiare.
Come il parroco di paese ricorda ai
fedeli che Natale non è solo regali ma l’incarnazione
di Dio, Lotti diceva che la giornata
di san Francesco, della pace e del dialogo
non dovrebbe essere solo una festa, una
vacanza, ma un’occasione di meditazione.
L’operazione San Francesco diventa insomma
sempre più stucchevole. Noi ci siamo
rotti da tempo. Facciano attenzione anche
gli altri. A furia di tirarlo da una parte o
dall’altra anche il Serafico si potrebbe rompere.
Salvatore Lo Leggio
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