19/02/2004
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CAMMINA DI FIANCO A ME
Il 16 febbraio se n'è andato Lauro Minghelli, ancora una vittima del morbo di Gehrig. Aveva 31 anni e aveva giocato nell'Arezzo di Cosmi. Da 'Avvenire' del 17 febbraio 2004.
È proprio vero che nello sport come nella vita, esistono morti di serie A e serie B. Fa male allora, scoprire che quella di Lauro Minghelli poteva diventare di serie C. Il massimo della categoria (la C1) in cui aveva giocato questo 31enne centrocampista di Maranello, che nella sua già triste parabola di malato di Sla (o Morbo di Gehrig), ha avuto anche la sfortuna di morire il giorno in cui il mondo intero poteva piangere solo Marco Pantani. La sua storia l'avevamo raccontata 3 anni fa nella nostra rubrica le "Morti bianche del calcio". Per non fare scendere il classico silenzio omertoso del mondo del pallone, con Fabrizio Calzia, e il coraggio della Bradipolibri abbiamo inserito la sua storia e quella di tante altre vittime forse "uccise dal calcio", in un libro dal titolo inequivocabile: Palla avvelenata. Non è bastato a salvare Lauro. Non è servito ad alleviare le sofferenze dei suoi cari. Lauro, era stato il pupillo di Sergio Vatta nella Primavera del Torino campione d'Italia nel '92. Resta una foto di quella vittoria, nella sua cameretta, in cui sorride insieme agli amici "illustri": Cois, Sottil, Falcone, Bobo Vieri. Ragazzi diventati famosi, che ce l'hanno fatta a sfondare in questo mondo che vuole solo "vincenti". Sarebbe potuto diventarlo anche Lauro, un vincente. Se la malattia nel '98 (era all'Arezzo) non lo avesse messo in fuorigioco, magari il suo secondo maestro di campo, Serse Cosmi, lo avrebbe portato nel suo laboratorio calcistico del Perugia. «Lauro era un ragazzo straordinario - dice commosso Serse Cosmi - che ha saputo darmi dei grandi insegnamenti di vita. Lo porterò sempre con me, facendo affidamento sulle sensazioni che mi ha trasmesso». Per quelle sensazioni comuni, con Cosmi, quindici giorni fa, in collaborazione con Sabina Castelfranco della Cbs e Luigino Ciotti del "Circolo Primo Maggio" di Bastia Umbra, avevamo organizzato una serata "Pro Lauro Minghelli". Per la prima volta 200 persone si erano trovate dinanzi alla dura realtà del Morbo di Gehrig. Quella su cui continua ad indagare il pm di Torino, Raffaele Guariniello. «La nostra indagine - dice Guariniello - sulle possibili connessioni tra l'uso di sostanze dopanti e il morbo, va avanti con dei riscontri che rafforzano i primi dati che erano stati emessi dalla ricerca epidemiologica (150 casi di Sla fra i calciatori, su una popolazione di 100mila abitanti). Il monitoraggio sui casi di morti e malattie sospette è arrivata fino al 2002, e per quanto riguarda la Sla c'è stata la denuncia di un nuovo caso di decesso e quella di un calciatore ancora vivente, affetto appunto dalla Sla». Ma il mondo del calcio resta ancora indifferente. La settimana scorsa Paolo Bonolis a "Domenica In" ha dedicato trenta minuti al problema e lo ha fatto con estrema sensibilità e senza retorica. Per pura informazione invece degli amanti della retorica facile, che arrivano sempre il giorno dopo la tragedia, sopra al letto della sua cameretta di ragazzo, Lauro aveva voluto che si scrivessero solo queste parole: «Non camminare davanti a me, io non posso seguirti. Non camminare dietro di me, io non posso guidarti. Cammina di fianco a me, e sii mio amico». Noi lo siamo stati.
Massimiliano Castellani
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