30/12/2006
Micropolis
Cose dell'altro mondo
la battaglia delle idee
Ma che mondo è questo? Interviste sulle emergenze di
inizio millennio (manifestolibri) nasce dall’esperienza
del “circolo culturale primomaggio” di
Bastia Umbria, quasi a celebrarne i 15 anni di attività. Il
volume, infatti, raccoglie le interviste a 16 persone, che
hanno avuto, nel tempo, rapporti con il circolo, tutte di
una certa notorietà: uomini di chiesa come Betto, Zanotelli
e Ciotti; parlamentari in attività come Russo Spena o in
quiescenza come Capanna; giornalisti come La Valle,
Chiesa e Sgrena; studiosi come Petrella e Touadi, professionisti
del volontariato come Alberti e Lotti. Sono figure assai
diverse per età, esperienze, orientamenti culturali, ma pure
tutte (o quasi) in sintonia con il “movimento dei movimenti”
che in questi anni si è opposto alla globalizzazione neoliberista.
Non è un caso dunque che la prima, lunga intervista
sia a Vittorio Agnoletto, portavoce del Social Forum ai
tempi del G8 di Genova, oggi europarlamentare e non ci
pare coincidenza fortuita il fatto che tra i 16 intervistati non
vi sia nessun capo operaio o sindacalista, scelta che desta
qualche sorpresa nel libro promosso da una associazione
intitolata al Primo maggio. Il libro - lo dichiara più volte il
curatore del volume e delle interviste Roberto De Romanis
- ambisce a una ricognizione ad ampio raggio, a un aggiornamento
sulle tematiche del “movimento” (dalla multiculturalità
ai beni comuni, dal rifiuto no-logo delle griffes all’opposizione
alla guerra, dalla lotta agli Ogm ai temi dell’informazione
etc.). Si spiega così l’assenza pressoché totale di
esperienze riconducibili al movimento operaio tradizionale,
come s’intende la selezione di alcuni “luoghi”, insieme reali
e simbolici, su cui attirare l’attenzione: l’Iraq della “guerra
preventiva”, il Brasile dei Sem Terra e di Lula, l’Africa affamata
e ammalata di Aids.
Una variante (mutatis mutandis) del “terzomondismo”?
Molte cose lo fanno pensare. Per esempio la posizione “di
frontiera” tra laicità e religione cattolica di molti intervistati:
non solo dei preti impegnati “nel mondo” (ma, quasi sempre,
senza contrastare la gerarchia), ma anche di laici come
La Valle e Petrella (autore di Economia come teologia). Ciotti
tenta di allontanare da sé (e dai movimenti che promuove)
la caratterizzazione di “messianismo”, ma un tono ispirato,
profetico si avverte in vari passaggi del suo e di altri interventi.
A nostro avviso l’approccio che unifica, anche per
questo peculiare mix tra tensione religiosa e impegno etico
sia quello dell’utopia: non casualmente lo slogan più fortunato
è quello dell’altro mondo possibile. Nessun pregiudizio
contro la parola: la costruzione di un “non luogo” ideale o
razionale perfetto, che non esiste (non può esistere) nella
realtà, ha prodotto belle pagine di letteratura, ma anche
strumenti concettuali per la critica dell’ingiustizia sociale.
Pensiamo a certi utopisti settecenteschi, ma anche al Sogno
socialista di Andrea Costa o alle Notizie da nessun luogo di
William Morris, pubblicate a puntate, qualche decennio fa,
su “il manifesto”. Ma, prima o poi bisognerà “passare dall’utopia
alla scienza”. Sappiamo che in alcuni partiti socialisti
e, soprattutto, tra gli stalinisti si spacciò per scienza un formulario
catechistico, utile a confermare attraverso i dogmi
la supremazia della casta burocratica, nel quadro di una religione
popolare. Ma, se si vuol cambiare il mondo, di teorie
scientifiche rimane intatta la necessità, con la coscienza
della fallibilità e perfettibilità delle teorie davvero scientifiche.
Tra l’utopia e la teoria c’è una differenza irriducibile: la
prima può lecitamente essere campata in aria, l’altra deve di
necessità mantenere i piedi sulla terra.
L’altro buco nero del “movimento” resta la questione del
potere. Nonostante gli sforzi dialettici di Zanotelli e di
Ciotti qui pesa la tradizione cattolica che vede la città di
Dio in opposizione radicale con la città degli uomini.
“Cambiare il mondo senza prendere il potere” è uno slogan
che nel movimento ha avuto molto successo, ma le alternative
proposte (la “vertenzialità” di Agnoletto o il “riformismo
forte” di Petrella, convinto di poter passare “dal sogno
di un altro mondo al progetto di un mondo diverso”) non
ci pare facciano molta strada. La rottura recente di Petrella
con il “governatore” Vendola a proposito dell’acquedotto
pugliese, segnala infatti uno scarto assai forte, quasi insanabile,
tra la razionalità utopistica del movimento e la “politica”.
Salvatore Lo Leggio
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