27/12/2006
Micropolis
Lavoratori e cittadini
Il Dossier immigrazione della Caritas
Finito di stampare nell’ottobre scorso
il rapporto Immigrazione 2006.
Dossier statistico, curato dalla
Caritas italiana e dalla Fondazione
Migrantes, è uno strumento utile e flessibile
per la conoscenza di un mondo che
troppe volte rimane “a parte”. Sono noti i
nostri pregiudizi anticlericali e sappiamo
che neanche la statistica è una scienza
esatta, ma il volume è testimonianza
di una ricerca
accurata ed è evidente lo
sforzo encomiabile di tener
separati i fatti e le interpretazioni.
Il dossier è strutturato
in cinque parti che trattano
del contesto internazionale
ed europeo, degli stranieri
soggiornanti in Italia, del
loro inserimento socio-culturale,
del lavoro, degli specifici
contesti regionali. In
appendice c’è la parte più
propriamente statistica con
una grande quantità di schede
e tabelle regionali e provinciali
ed è accluso un inserto
sui rifugiati.
Le pagine riservate all’Umbria
contengono dati interessanti.
La presenza nella
regione di cittadini stranieri
appartenenti alla Ue era, al
31 dicembre del 2005, di
3216 unità, concentrate nella
provincia di Perugia (2823).
Sono prevalentemente cittadini
provenienti da paesi da
tempo aderenti alla Comunità
europea (nell’ordine
inglesi, tedeschi, francesi).
Tra i cosiddetti neo-comunitari
al primo posto sono i
polacchi sia a Perugia che a Terni. Le presenze
regolari di non-comunitari risultano
circa 42 mila. La nazionalità più rappresentata
a Perugia è quella albanese (7
mila), mentre a Terni prevalgono i rumeni
(2000 circa). Nel Perugino è notevole la
presenza di marocchini: sono la seconda
comunità con 5 mila presenze, di cui
quasi 2 mila donne e sono i più numerosi
tra i titolari di permesso per il lavoro
autonomo. Per quanto concerne il lavoro
subordinato le assunzioni si concentrano
in un numero assai limitato di professioni,
ovviamente poco qualificate. E’ in particolare
in tre categorie che si concentra
quasi il 60 per cento di tali assunzioni
(personale non qualificato dell’industria
30,6%, braccianti agricoli 14,9%; collaboratori
domestici. Sono aumentati notevolmente
nell’ultimo anno i ricongiungimenti
familiari, segno di una stabilizzazione
della presenza.
La Caritas delle diocesi umbre sta promuovendo
diversi incontri per presentare
il dossier e discutere di migranti nelle
diverse realtà territoriali. Un incontro
interessante si è svolto a Bastia Umbra,
organizzato in collaborazione con la
Parrocchia S. Michele Arcangelo e con il
Circolo culturale primomaggio. Si tratta
di un centro economicamente assai dinamico
e in forte crescita demografica, che
per ciò stesso è polo di attrazione per gli
stranieri in cerca di lavoro. Gli organizzatori
si sono lamentati della totale assenza
della stampa locale, di norma generosa nel
concedere spazio alle iniziative della
Caritas (e anche del Circolo primomaggio).
Probabilmente la valorizzazione di
una iniziativa di questo tipo, che tende a
“normalizzare” le presenze straniere, striderebbe
con la linea prevalente nelle cronache
regionali dei quotidiani, che puntano
soprattutto su un “allarme immigrazione”
e insistono su un nesso stranieri-criminalità,
forzando gli stessi dati della
realtà. Quasi nulla è risultata la presenza
di politici.
All’incontro oltre al Parroco Francesco
Fongo, al direttore della Caritas diocesana
Giocondo Leopardi, al rappresentante del
Circolo primomaggio Luigino Ciotti,
sono intervenuti alcuni rappresentanti
degli stranieri, un albanese, un congolese,
un marocchino.
Quest’ultimo è l’unico che ha insistito
sulla preservazione delle identità originarie,
anche religiose. Ciotti ha fatto il
punto sull’immigrazione a Bastia: gli stranieri
regolarizzati sono 1386, il 6,8% dell’intera
popolazione. La presenza di minori
è di 319, il 23% sul totale della popolazione
straniera, una incidenza significativa.
La tendenza alla stabilizzazione è confermata
anche dal rapporto famiglie/singoli,
nettamente favorevole alle famiglie, e
dalla prevalenza delle femmine sui maschi
(744 contro 642). In molti casi, dunque,
si è alla seconda generazione. Tutto ciò
richiederebbe politiche abitative in grado
di favorire la coesione sociale. Invece così
non è: in un Comune affetto da espansionismo
edilizio mancano infatti
Piani per l’edilizia economica e
popolare, attraverso i quali
costruire alloggi alla cui assegnazione
concorrerebbero, per
legge, anche i lavoratori stranieri.
In mancanza il rischio della
ghettizzazione in zone di antica
edificazione, con case vecchie e
talora fatiscenti, è assai forte.
Per quanto riguarda il lavoro le
assunzioni dell’ultimo anno
hanno riguardato più gli stranieri
che gli italiani. Si tratta
dunque di gente che suda e
lavora, contribuendo allo sviluppo
della comunità, anche il
dato è inflazionato dalle recenti
regolarizzazioni e dal fatto che
capita più spesso agli stranieri
che agli italiani di essere prima
assunti, poi licenziati, poi riassunti,
magari in un’altra impresa.
A Bastia si sono svolte di recente
le elezioni di una consulta
per l’emigrazione, non ancora
insediata. Su 13 eletti 4 sono
donnne. La partecipazione al
voto è stata comunque scarsissima:
su 782 aventi diritto solo
103 (il 13 per cento). Se ne è
lamentato un intervenuto al
dibattito. “Non dipende dalla
carenza dell’informazione; – ha detto –
quando si è trattato di prendere i mille
euro distribuiti da Berlusconi per i neonati,
nessuno li informava, ma tutti sapevano”.
Ha ragione: non è questione di informazione.
La diserzione delle elezioni per
le consulte o per il “consigliere aggiunto”
è generalizzata da Bastia ad Imola, a
Roma.
Di forme spurie e subalterne di partecipazione
politica gli stranieri non sanno che
farsene. Vorrebbero poter votare, candidarsi
ed essere eletti come tutti gli altri,
essere cittadini e non “ospiti”. Qualcosa
s’aspettavano dal governo dell’Unione, ma
per l’incapacità, culturale prima ancora
che politica, di reagire all’ondata di destra
i modesti progetti di allargamento della
cittadinanza sembrano essersi arenati.
Salvatore Lo Leggio
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