22/12/2006
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Ma che mondo è questo?
Non solo un altro mondo è possibile, ma questo mondo, il nostro mondo di oggi, è impossibile, non può resistere, ci sono ferite e piaghe profonde, da qualsiasi parte lo si guardi. Non possiamo più permetterci di vivere in un mondo ingiusto e violento.
Il giorno in cui si iniziasse a mettere in pratica la Dichiarazione universale dei diritti umani, ci ritroveremmo in un mondo che finalmente può incominciare a progettare il proprio futuro, anziché, come sta accadendo, la propria autodistruzione.
(Gino Strada, Buskashì. Viaggio dentro la guerra,
Milano, Feltrinelli, 2002, pp.171-172)
Il progetto originario di questo libro era in realtà la celebrazione di un anniversario. Volevamo infatti chiamare a convegno, attorno a un tavolo virtuale, alcune di quelle personalità della politica, della cultura, dell’informazione, della Chiesa, dell’associazionismo solidale che negli ultimi anni hanno partecipato alle manifestazioni e agli eventi organizzati in Umbria dalla nostra associazione culturale – il Circolo culturale primomaggio di Bastia Umbra. Con questi amici volevamo cioè celebrare il primo quindicennio di vita del nostro circolo, invitandoli con l’occasione a raccontarci meglio cosa è successo, nei rispettivi ambiti di intervento, durante quel volgere di tempo che è trascorso da quando erano venuti a riflettere con noi sulle proprie esperienze, o su un proprio lavoro appena uscito in stampa. Perché è successo molto in questi ultimi quindici anni, anche eventi terribili che tuttora si stenta a comprendere.
Da questo progetto è nata così questa raccolta di interviste dalle tematiche apparentemente distanti, che trovano spunto da quanto è accaduto o sta per accadere sia in Italia, sia al di fuori dei nostri confini: in alcune realtà europee, in Africa, nell’America del Nord e in quella del Sud. E ciò che questa polifonia di testimonianze e di analisi disegna, come si leggerà, è il quadro di un mondo molto complesso e non proprio felice, per certi versi disumano laddove consente che per un numero crescente di suoi abitanti la sopravvivenza sia sempre più problematica e drammatica; un mondo diseguale, dunque, che qui viene descritto attraverso un coacervo di analisi e di linguaggi, di sistemi concettuali e di codici molto differenti l’uno dall’altro (da quello dello scienziato ‘prestato’ alla politica a quello del politico tout court, a quello del giornalista, o del religioso) eppure capaci di ritrovare una loro armonia e un loro accordo in quella concezione solidaristica del vivere sociale che ciascuno degli intervistati ha posto a fondamento del proprio intervento. Tutti cioè concordi nella necessità di una resistenza all’ingiustizia e nella speranza di un cambiamento, e nel legame di questi due momenti in quel progetto politico ed esistenziale ben espresso da Edgar Morin nel suo I miei demoni: «La prosecuzione del disperato sforzo cosmico, che negli uomini assume la forma di una resistenza alla crudeltà del mondo: ecco, forse è proprio questo che potrei chiamare speranza».
Le cose di cui si parla in queste interviste sono dunque quelle che animano il dibattito civile e politico di questi ultimi tempi. Le interviste toccano infatti, ognuna a suo modo, la fame e il disagio di una gran parte del mondo e i consumi dissennati degli altri pochi fortunati, cioè noi; la ormai irrefutabile comunanza di destino storico del Nord e del Sud del mondo, di quello dell’Occidente come di quello d’Oriente; le tante guerre di oggi e il nostro bisogno di pace, ossia la nostra «coscienza di non avere pace» (come scriveva Alfonso Gatto in Storie delle vittime); il monopolio dell’informazione e i mercati globali e neoliberisti; la politica e la corruzione; il ruolo dei partiti e quello dei movimenti; le «battaglie di civiltà» dei nuovi «atei clericali», o dei «crociati laici», e le lotte delle comunità cristiane sudamericane e africane; certe verità che sono state occultate e le battaglie ancora in corso per lacerare i pesanti veli che tuttora le avvolgono, ecc. E se pure alcuni esiti di certe riflessioni qui proposte possono essere già note a chi frequenta in qualche modo la politica, il mondo dell’associazionismo o i movimenti, mi sembra di poter dire che uno degli interessi di una raccolta di voci variegate come questa, oltre a quello di offrire una serie di dati e di informazioni di non facile reperibilità ai più, sia quello di proporre le riflessioni di testimoni diretti, di chi cioè ha vissuto o ancora vive in prima persona le cose che racconta e quelle sulle quali va qui ragionando.
Circa i giudizi che ognuno degli intervistati pronuncia, o le profezie nelle quali si avventura, va precisato che le interviste sono state raccolte tra l’ottobre 2005 e il settembre 2006, ossia in un periodo durante il quale abbiamo assistito al cambiamento di alcuni equilibri internazionali, al prosieguo di guerre che promettevano di essere terminate da tempo e all’accensione di altri drammatici conflitti, alla conclusione di talune stagioni politiche e l’avvio di altre (in Italia, come in tanti Paesi dell’America Latina). Il momento in cui i nostri discorsi sono avvenuti lo si potrà quindi capire dai riferimenti fattuali e temporali compresi nelle interviste; con ciò spiegando pure il motivo per cui alcuni di questi riferimenti, o le relative riflessioni, potranno risultare già datati.
Va forse dato conto anche del metodo di raccolta di questi interventi, perché anch’esso è stato di necessità poco omogeneo e quindi in gran parte responsabile del diverso stile delle interviste. Alcune infatti sono state effettuate con microfono e registratore, come da migliore tradizione; altre hanno invece utilizzato la comunicazione per email, con la possibilità di successive revisioni e piccoli aggiornamenti da parte di entrambi gli interlocutori.
Le interviste compaiono nell’ordine della loro raccolta e a ciascuna ho dato un titolo che, in poche parole, segnalasse il contenuto principale – anche se mai l’unico – dell’intervento. La sommarietà di queste didascalie è dunque responsabilità solo mia.
Nei casi di Frei Betto e di Alberto Granado mi sono avvalso della collaborazione di traduttori. Ringrazio perciò Sergio Lessa per il portoghese e Angela Ciacci per lo spagnolo, perché senza il loro generoso aiuto la formulazione delle domande e la comprensione delle risposte mi sarebbe stata impossibile. Colgo qui anche l’occasione per ringraziare il presidente del Circolo primomaggio, Luigino Ciotti, la cui capacità di mantenere negli anni rapporti di amicizia e di collaborazione con le persone qui intervenute, e con tante altre che in questo quindicennio hanno collaborato con il Circolo, ha fornito la possibilità concreta di realizzare questo volume.
E per concludere questa breve premessa, avviata con un citazione, vorrei ancora prendere in prestito parole di altri. Riprendo un commento lapidario che Altiero Spinelli aggiunge a margine delle sue memorie sull’esperienza di Ventotene e la stesura del manifesto federalista europeo, parole che Mario Capanna ci ha ricordato qualche tempo fa in un suo libro (Verrò da te, volume del quale più avanti si avrà modo di parlare con lui stesso):
Era proprio l’abisso della guerra a farci pensare a un futuro differente. Quando l’umanità comprenderà di essere una comunità di diversi, il mondo entrerà in un’epoca radicalmente nuova.
Solo tre righe, che assieme a quelle di Gino Strada riportate in apertura mi sembra possano sintetizzare la triplice, augurale prospettiva verso la quale tutti gli interventi qui contenuti si indirizzano: il rifiuto dell’utilizzazione della guerra come strumento di soluzione dei conflitti, la globalizzazione dei diritti umani, il rispetto e la difesa delle differenze. Dare a queste speranze la possibilità di diventare realtà, beh, quello è poi compito di tutti noi.
Roberto De Romanis
Il Circolo culturale primomaggio di Bastia Umbra è nato alla fine del 1991 allo scopo di costituire un luogo e delle occasioni di riflessione su quei temi che già avevano iniziato ad agitare il dibattito politico e culturale in Italia, e non solo: la globalizzazione, i diritti umani, i beni comuni, la pace e le guerre, la condizione dei movimenti sociali, i problemi e le attese dell’America Latina e dell’Africa. Di tutto questo, e di altro ancora, ci siamo occupati attraverso una lunga serie di iniziative nel corso di questi quindici anni, e in tal modo attorno al nostro Circolo si sono andate aggregando tante altre persone oltre a quei compagni che – provenendo dalla comune esperienza della sezione di Democrazia Proletaria Valle Umbra Nord (Assisi, Bastia Umbra, Bettona, Cannara) e di fronte al nuovo assetto politico della sinistra determinato dalla nascita del Movimento per la Rifondazione Comunista e del PDS – avevano fatto scelte di appartenenza politica diverse ma che, ciò nonostante, non avevano intenzione di rinunciare a un comune patrimonio di ideali, di idee, di militanza politica e di lotte capaci di raggiungere tanti importanti risultati.
Animati da una visione internazionalista e iniziando con delle iniziative sul Nicaragua, abbiamo cercato di utilizzare le più diverse modalità di approccio ai problemi (dalla presentazione di libri di autori umbri, italiani e stranieri, ai concerti e alle mostre, dai dibattiti e dalle video-proiezioni agli spettacoli e alle visite storico-culturali) sempre con l’intento di incidere culturalmente e riuscendo in pochi anni a diventare un riconosciuto punto di riferimento nella nostra regione. Oggi le nostre iniziative si svolgono infatti in tutta l’Umbria, a cominciare da Perugia, pur continuando a privilegiare Bastia Umbra e Assisi, i luoghi cioè che hanno ospitato le prime iniziative del primomaggio.
Questo libro vuole essere dunque un primo bilancio di questa esperienza, nella speranza di essere ancora per tanto tempo in grado di portare dalle nostre parti personalità importanti della cultura, dell’informazione e della politica, ma soprattutto testimoni di particolari e significative esperienze italiane o internazionali che possano aiutarci a sprovincializzare il dibattito politico-culturale della nostra regione e a far conoscere, o non dimenticare, i grandi drammi che vive l’umanità (fame, carestie, genocidi, malattie, disastri ambientali, ecc.), i diritti che a tanti popoli vengono ancora negati (palestinesi, kurdi, saharawi, nuba, maya, ecc.), il disagio in cui si dibattono interi continenti (Africa e America del Sud, in particolare). Siamo infatti convinti che, se l’uguaglianza e la giustizia sociale non sono solo due mete che si debbono perseguire ma anche due obiettivi che si possono raggiungere, il ‘no’ alla guerra e al neoliberismo debbano trovare un loro pronunciamento e una loro articolazione anche a livello locale.
Le nostre iniziative sono andate e andranno ancora in questa direzione. Il buon risultato che abbiamo raggiunto con molte di esse ci fa ben sperare per il futuro. «Un altro mondo è possibile» è lo slogan dei movimenti. Noi siamo con loro, pensando che un mondo diverso è anche necessario.
Chi volesse seguirci in questo percorso nei prossimi anni, o chi volesse condividerlo con noi, può trovare la nostra storia, i nostri documenti e i nostri progetti in www.circoloprimomaggio.org.
Luigino Ciotti
Circolo culturale primomaggio
Via Bernabei, 16
06083 Bastia Umbra (PG)
075.8004909
info@circoloprimomaggio.org
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