24/01/2024
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GIORNATA DELLA MEMORIA: A SIGILLO LA PRESENTAZIONE DEL LIBRO "I CAMPI DI TULLIO. LA STORIA DI UN INTERNATO MILITARE ITALIANO" DI DINO RENATO NARDELLI E LUIGINO CIOTTI
Si terrà Lunedì 29 gennaio ore 11,00, presso l’Auditorium della Scuola dell'infanzia di Sigillo la presentazione del libro “I CAMPI DI TULLIO. La storia di un Internato Militare Italiano” di Dino Renato Nardelli e Luigino Ciotti.
Si terrà Lunedì 29 gennaio ore 11,00, presso l’Auditorium della Scuola dell'infanzia di Sigillo la presentazione del libro “I CAMPI DI TULLIO. La storia di un Internato Militare Italiano” di Dino Renato Nardelli e Luigino Ciotti. Oscilla tra 5mila e 9mila il numero dei soldati provenienti dall’Umbria finiti negli arbeitslager, campi di lavoro, nell’Europa Orientale occupata dai nazisti. E oscillano tra 650mila e 810mila le valutazioni sul numero di componenti dell’Esercito italiano fatti prigionieri dalla Wermacht germanica subito dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943. Una contabilità complicata di un capitolo poco esplorato per almeno mezzo secolo dopo la fine della Seconda guerra mondiale, una realtà che genera sorpresa e sconcerto una volta che la si mette a fuoco. L'ha ricostruita Luigino Ciotti, con il volume “I campi di Tullio” (Edizioni Era Nuova), che sarà presentato presso l’auditorium della scuola dell’infanzia di Sigillo lunedi 29 gennaio. Tullio Ciotti, classe 1924, era il padre di Luigino, e il suo racconto è la testimonianza di quello che è stato sopravvivere nei campi di prigionia tedeschi. Vennero sfruttati come manodopera a costo zero nelle fabbriche e nei campi della Germania e dell’Europa orientale occupata dalla Wermacht: un trattamento in aperta violazione della Convenzione di Ginevra, che vietava esplicitamente di impiegare nelle lavorazioni di qualsiasi tipo i prigionieri di guerra. Proprio per questo venne data loro la denominazione “Internati militari italiani”, in sigla “Imi”. L’intreccio dei motivi che hanno generato l’ombra su questa ennesima tragedia della guerra è riportato in alcune pagine del libro che ha come co-autore Dino Renato Nardelli ricercatore dell’Isuc: «Tra le ragioni di politica interna ed estera che ostacolarono per anni la consapevolezza collettiva dei drammi della prigionia ci fu la volontà di non aprire un dibattito intorno alla gestione della guerra da parte del fascismo».
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