21/09/2022
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Il futuro della Comunità di Pace di San José de Apartadó e della Colombia, incontro a Santa Maria
Iniziativa il 24 settembre alle 18 nella Sala della Pro loco
Il circolo culturale “primomaggio” in collaborazione con la Rete Colombia Vive, Operazione Colomba e la Comunidad de Paz de San José de Apartadò, organizza nella Sala Pro Loco di Santa Maria degli Angeli in Piazza Garibaldi 12, per sabato 24 settembre 2022 alle 18 un incontro pubblico dal titolo “Il futuro della Comunità di Pace di San José de Apartadó e della Colombia”. Interverranno: José Roviro Lopez Rivera- membro della Comunità di Pace ed invitato ad Economy di Francesco; Sayda Yadis Arteaga Guerra – membro della Comunità di Pace ed invitata d Economy di Francesco; Monica Puto – di Operazione Colomba; Silvia De Munari – di Operazione Colomba; Carla Mariani – memoria storica della Rete Colombia Vive; e Luigino Ciotti -presidente Rete Colombia Vive.
LA COMUNITÀ DI PACE DI SAN JOSÉ DE APARTADÓ – COLOMBIA
La Comunità di Pace di San José de Apartadó (CdP) è un’organizzazione non governativa costituitasi il 23 marzo 1997, a seguito di due tristemente noti massacri avvenuti ad opera di militari e paramilitari nel settembre 1996 e nel febbraio 1997. Nasce con l’obiettivo di difendere il diritto della popolazione civile alla neutralità, alla tutela della propria vita e del proprio territorio, per evitare così lo sfollamento forzato. La Comunità conta attualmente circa 300 persone che vivono in piccoli villaggi alcuni dei quali particolarmente isolati, dislocati in un’area rurale molto vasta di foresta pluviale montuosa. Fin dalla sua fondazione, i leader della Comunità hanno richiesto il rispetto per la loro scelta di popolazione civile non combattente, affinché nessuna fazione armata potesse entrare nel loro territorio dichiarato appunto come zona neutrale. Sia lo Stato colombiano, sia i gruppi armati illegali hanno però sin da subito cercato di eliminare questo processo di resistenza e difesa civile: sono più di 300 le persone che dal 1997 ad oggi sono state assassinate. Se all’inizio la necessità urgente è stata quella di trovare una alternativa per la difesa della vita e del territorio, negli anni successivi tale processo si è reso più ambizioso, cercando di proporre e praticare un progetto di vita alternativo all’attuale modello di società, un progetto che implica la realizzazione di diversi percorsi correlati tra loro: – la resistenza nonviolenta alla guerra e allo sfollamento forzato (7,7 milioni di sfollati interni); – lo sviluppo integrale e sostenibile per il raggiungimento dell’autosufficienza alimentare; – la costruzione della pace a livello globale, sforzandosi di diffondere la propria esperienza.
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