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dicono di noi
30/12/2006
micropolis

Lavoratori e cittadini
Il dossier immigrazione della Caritas

Finito di stampare nell’ottobre scorso il rapporto Immigrazione 2006. Dossier statistico, curato dalla Caritas italiana e dalla Fondazione Migrantes, è uno strumento utile e flessibile per la conoscenza di un mondo che troppe volte rimane “a parte”. Sono noti i nostri pregiudizi anticlericali e sappiamo che neanche la statistica è una scienza esatta, ma il volume è testimonianza di una ricerca accurata ed è evidente lo sforzo encomiabile di tener separati i fatti e le interpretazioni. Il dossier è strutturato in cinque parti che trattano del contesto internazionale ed europeo, degli stranieri soggiornanti in Italia, del loro inserimento socio-culturale, del lavoro, degli specifici contesti regionali. In appendice c’è la parte più propriamente statistica con una grande quantità di schede e tabelle regionali e provinciali ed è accluso un inserto sui rifugiati. Le pagine riservate all’Umbria contengono dati interessanti. La presenza nella regione di cittadini stranieri appartenenti alla Ue era, al 31 dicembre del 2005, di 3216 unità, concentrate nella provincia di Perugia (2823). Sono prevalentemente cittadini provenienti da paesi da tempo aderenti alla Comunità europea (nell’ordine inglesi, tedeschi, francesi). Tra i cosiddetti neo-comunitari al primo posto sono i polacchi sia a Perugia che a Terni. Le presenze regolari di non-comunitari risultano circa 42 mila. La nazionalità più rappresentata a Perugia è quella albanese (7 mila), mentre a Terni prevalgono i rumeni (2000 circa). Nel Perugino è notevole la presenza di marocchini: sono la seconda comunità con 5 mila presenze, di cui quasi 2 mila donne e sono i più numerosi tra i titolari di permesso per il lavoro autonomo. Per quanto concerne il lavoro subordinato le assunzioni si concentrano in un numero assai limitato di professioni, ovviamente poco qualificate. E’ in particolare in tre categorie che si concentra quasi il 60 per cento di tali assunzioni (personale non qualificato dell’industria 30,6%, braccianti agricoli 14,9%; collaboratori domestici. Sono aumentati notevolmente nell’ultimo anno i ricongiungimenti familiari, segno di una stabilizzazione della presenza. La Caritas delle diocesi umbre sta promuovendo diversi incontri per presentare il dossier e discutere di migranti nelle diverse realtà territoriali. Un incontro interessante si è svolto a Bastia Umbra, organizzato in collaborazione con la Parrocchia S. Michele Arcangelo e con il Circolo culturale primomaggio. Si tratta di un centro economicamente assai dinamico e in forte crescita demografica, che per ciò stesso è polo di attrazione per gli stranieri in cerca di lavoro. Gli organizzatori si sono lamentati della totale assenza della stampa locale, di norma generosa nel concedere spazio alle iniziative della Caritas (e anche del Circolo primomaggio). Probabilmente la valorizzazione di una iniziativa di questo tipo, che tende a “normalizzare” le presenze straniere, striderebbe con la linea prevalente nelle cronache regionali dei quotidiani, che puntano soprattutto su un “allarme immigrazione” e insistono su un nesso stranieri-criminalità, forzando gli stessi dati della realtà. Quasi nulla è risultata la presenza di politici. All’incontro oltre al Parroco Francesco Fongo, al direttore della Caritas diocesana Giocondo Leopardi, al rappresentante del Circolo primomaggio Luigino Ciotti, sono intervenuti alcuni rappresentanti degli stranieri, un albanese, un congolese, un marocchino. Quest’ultimo è l’unico che ha insistito sulla preservazione delle identità originarie, anche religiose. Ciotti ha fatto il punto sull’immigrazione a Bastia: gli stranieri regolarizzati sono 1386, il 6,8% dell’intera popolazione. La presenza di minori è di 319, il 23% sul totale della popolazione straniera, una incidenza significativa. La tendenza alla stabilizzazione è confermata anche dal rapporto famiglie/singoli, nettamente favorevole alle famiglie, e dalla prevalenza delle femmine sui maschi (744 contro 642). In molti casi, dunque, si è alla seconda generazione. Tutto ciò richiederebbe politiche abitative in grado di favorire la coesione sociale. Invece così non è: in un Comune affetto da espansionismo edilizio mancano infatti Piani per l’edilizia economica e popolare, attraverso i quali costruire alloggi alla cui assegnazione concorrerebbero, per legge, anche i lavoratori stranieri. In mancanza il rischio della ghettizzazione in zone di antica edificazione, con case vecchie e talora fatiscenti, è assai forte. Per quanto riguarda il lavoro le assunzioni dell’ultimo anno hanno riguardato più gli stranieri che gli italiani. Si tratta dunque di gente che suda e lavora, contribuendo allo sviluppo della comunità, anche il dato è inflazionato dalle recenti regolarizzazioni e dal fatto che capita più spesso agli stranieri che agli italiani di essere prima assunti, poi licenziati, poi riassunti, magari in un’altra impresa. A Bastia si sono svolte di recente le elezioni di una consulta per l’emigrazione, non ancora insediata. Su 13 eletti 4 sono donnne. La partecipazione al voto è stata comunque scarsissima: su 782 aventi diritto solo 103 (il 13 per cento). Se ne è lamentato un intervenuto al dibattito. “Non dipende dalla carenza dell’informazione; – ha detto – quando si è trattato di prendere i mille euro distribuiti da Berlusconi per i neonati, nessuno li informava, ma tutti sapevano”. Ha ragione: non è questione di informazione. La diserzione delle elezioni per le consulte o per il “consigliere aggiunto” è generalizzata da Bastia ad Imola, a Roma. Di forme spurie e subalterne di partecipazione politica gli stranieri non sanno che farsene. Vorrebbero poter votare, candidarsi ed essere eletti come tutti gli altri, essere cittadini e non “ospiti”. Qualcosa s’aspettavano dal governo dell’Unione, ma per l’incapacità, culturale prima ancora che politica, di reagire all’ondata di destra i modesti progetti di allargamento della cittadinanza sembrano essersi arenati.

Salvatore Lo Leggio