« Indietro

dicono di noi
01/06/2004
IL CORRIERE DELL'UMBRIA

In viaggio con Che Guevara
Alberto Granado a Bastia con il libro "Un gitano sedentario"

“Bisogna vedere che cosa significa la pace. Se non è per tutti non è pace”, sono parole di Alberto Granado presente ieri alla presentazione del suo ultimo libro, “Un gitano sedentario”, svoltasi presso la sala del Consiglio Comunale di Bastia Umbra e organizzata dal Circolo PrimoMaggio. L’incontro, introdotto dal presidente del circolo Luigino Ciotti, ha visto al fianco dell’autore Alessandra Riccio, condirettore con Gianni Minà della rivista “LatinoAmerica”, che ha inquadrato concisamente ma con attenzione l’ambiente culturale in cui è nata l’esperienza di un viaggio che condizionò la vita di Alberto Granado e del suo più celebre compagno di viaggio Ernesto Guevara de la Serna. Si è parlato molto in questi giorni di questo viaggio anche grazie al successo del film tratto appunto dalla storia di questa esperienza ma Granado ha preferito rispondere alle molte domande del foltissimo pubblico, che ha riempito ai limiti delle sue possibilità la sala, piuttosto che ritornare su un racconto certamente fondamentale per la sua vita. Dalle sue parole traspare il grande rispetto ma soprattutto il grande affetto che lo lega ancora a quel Che Guevara che fu suo amico fin dalla prima giovinezza (si conobbero quando Guevara aveva solo 14 anni) e alla sua famiglia. “Dopo la sua uccisione la sua figura fu ancora più grande ma fu necessario combattere perché non diventasse un mito, svuotandolo. In un certo senso è un mito ma di carne e ossa, non soprannatural,e perciò tutti possono essere come lui”. Così lo descrive prima di concentrarsi invece su temi che riguardano la storia contemporanea, i rapporti tra Stati Uniti e Cuba (“Noi non abbiamo niente contro la tua gente, milioni di persone che lavorano e soffrono” così ha risposto alla domanda posta da una spettatrice di origine statunitense), alla lotta armata, alla figura di Fidel Castro, alla manipolazione genetica (non bisogna dimenticare la sua carriera di medico e biologo) e all’importanza delle donne nella società. E alla fine identifica nel ruolo riconosciuto ai giovani la chiave della società cubana: “In ogni fase della sua storia ha dato un ruolo fondamentale ai giovani, bisogna dar loro molto potere. Sono migliori degli altri”.

Giulia Silvestrini